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Ripartire dal saluto

Quali auspici per l’anno nuovo?

Tra ignobili guerre ad oltranza, speculazioni sui disastri, politiche che continuano a non invertire la rotta del paradigma capitalista, estrattivista, competitivo, classista, nocivo e catastrofico le cose nel mondo vanno così tanto male che farne un elenco dettagliato con i relativi contro auspici mi farebbe sicuramente andare ben oltre i caratteri che ho a disposizione per sedermi qui su La Panchina una volta al mese.

Per cui scelgo di dedicare l’esordio del 2024 a qualcosa di semplice, basico ma allo stesso tempo estremamente simbolico: il saluto.

Adoro il saluto. Mi viene istintivo, come respirare. Potrei salutarmi da solo al risveglio o prima di addormentarmi. Potrei salutare tutte le persone sconosciute che incrocio ogni giorno.

Ciao, salve, buondì, buongiorno, buon pomeriggio, buonasera, buonanotte, arrivederci, a presto, alla prossima, a domani, un sorriso, un cenno di una mano, un cenno con la testa. Se ci pensate potrebbero essere tra le poche parole e i pochi gesti possibili in un contesto estremo, totalizzante come quello pandemico in cui, in un periodo di fantomatico lockdown e ipercontrollo poliziesco, non si potrebbe avere molta possibilità di temporeggiare nello spazio esterno. Mi sembra quasi di avere un déjà-vu.

Nell’era della progressiva e tecnofila perdita della memoria e di quello che sembra un inevitabile e costante abbrutimento e sfilacciamento nell’ambito dei rapporti umani, in parte pilotato dall’alto, proviamo a non dimenticare il primo dei contatti: il saluto.

Il saluto come primo passo per l’ospitalità.

“L’ospitalità è la più alta espressione della ragione universale pervenuta a se stessa. La ragione non esercita alcun potere omogeneizzante. Con la sua gentilezza, è in grado di riconoscere l’Altro nella sua alterità e di dargli il benvenuto. Gentilezza significa libertà.”(Byung-Chul Han)

Il saluto arabo Salam vuol dire Pace, il saluto come primo antidoto alla guerra.