La parola allo sconosciuto
Lo scorso mese, per inaugurare il nuovo anno e il primo appuntamento di questa rubrica nel ventiquattresimo round del secondo millennio (secondo il cosiddetto calendario gregoriano), scelsi di dedicare i circa duemilacinquecento caratteri a mia disposizione al saluto, preliminare forma di scambio nel contatto tra gli esseri umani.
Ciò che può seguire al saluto è qualcosa di altrettanto semplice, basilare e più che mai fondamentale per riprendere le fila del discorso che sembra essersi interrotto tra le persone e che sembra essere sempre più minacciato dal progressivo imporsi degli strumenti tecnologici. Quel qualcosa è la parola.
La parola non è più scontata, anzi. Persino nei rapporti familiari, amicali e di lavoro non è più scontato che si parli. Non posso evitare a chi legge un assaggio dell’ormai classica invettiva sul cellulare onnipresente che ha cambiato, forse per il resto degli anni a venire, la natura antropologica della socialità. Una volta questa era basata pienamente sullo sguardo, sull’ascolto e, per l’appunto, sulla condivisone della parola.
Ormai ne siamo consapevoli e la sfida per fare il più possibile a meno di questo strumento, per quanto sempre più ambiziosa e di difficile riuscita, deve essere preservata.
Basta poco per rendersi conto dei benefici psicofisici che scattano in quei momenti in cui, per caso o per sbaglio, ci ritroviamo senza iphone o smartphone.
Però, lungi dal voler aggiungere questo articolo alla moltitudine di inviti a parlare di più in famiglia o tra amici o tra compagni e colleghi di lavoro, preferisco invitarvi piuttosto a ripartire dallo scambiare la parola con lo sconosciuto.
Sarà per il gratificante effetto che mi pervade quando scambio delle parole con gente sconosciuta, davanti ad un bancone di un bar o in qualsiasi coda per la cassa o per il disbrigo di robe burocratiche, che penso che questo genere di contatto possa allungare e allargare i nostri orizzonti sociali.
E più diamo senso alla prossimità accorciando le distanze con l’estraneo, più ampia si fa l’estensione del nostro abbraccio alla vita.
“Godere dei benefici di vivere e amare in comunità ci consente di incontrare gli estranei senza paura e di offrire loro il dono dell’apertura e del riconoscimento. Anche solo parlando con uno sconosciuto, riconoscendo la sua presenza sul pianeta, creiamo una connessione. Tutti abbiamo, ogni giorno, occasione di mettere in pratica le lezioni apprese all’interno della comunità. Un atteggiamento gentile e cortese ci mette in relazione gli uni con gli altri.” (bell hooks)
Posted: Febbraio 4th, 2024 under Scritti altri.